Toyo Ito è uno degli architetti giapponesi più conosciuti e apprezzati del momento. Nato nel 1941 a Seoul, quando la Corea era ancora sotto il dominio giapponese, si è poi trasferito con la sua famiglia a Nagano, in Giappone. Nel 1965 si è laureato in architettura all’Università di Tokyo e in seguito ha collaborato con l’architetto Kiyonori Kikutake, prima di creare il proprio studio d’architettura : Urban Robot (oggi Toyo Ito & Associates, Architects). Toyo Ito ha lavorato come professore associato alla Colombia University, Tokyo University, Tohoku University e Tama Art University e ha ricevuto premi prestigiosi come il Good Design Award nel 2001, il Leone d’oro alla Biennale d’architettura di Venezia, il premio annuale dell’Architectural Institute of Japan (per ben due volte) e la Medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects. Nel 2013 ha inoltre ottenuto il Pritzker Architecture Prize, vero e proprio premio nobel in ambito architettonico. I progetti di Toyo Ito sono molto apprezzati sia in Giappone che a livello internazionale, grazie al loro carattere concettuale e innovativo e all’attenzione estrema rivolta al rapporto tra struttura e ambiente.
PUNTO DI VISTA WAKAPEDIA
Come ben noto, ogni anno Milano ospita il più importante evento a livello mondiale che riunisce i grandi nomi e i talenti emergenti del design nel settore casa-arredamento: il Salone Internazionale del Mobile. Sara Waka ha scoperto per la prima volta le creazioni di Toyo Ito durante l’edizione 2009 del Salone; all’epoca, l’architetto nipponico aveva prodotto una serie di accessori e mobili in collaborazione con HORM, prestigioso e pluripremiato brand italiano di design. Fu un fermalibro unico e atipico, indubbiamente l’oggetto più sorprendente e memorabile esposto da HORM, l’oggetto che maggiormente catturò l’attenzione di Sara Waka. Contrariamente alla maggior parte delle librerie – prodotti pesanti, solidi e massicci – la libreria di Toyo Ito era un oggetto elegante, trasparente ed estremamente etereo. Pur non conoscendone ancora l’autore, Sara Waka provò fin da subito una particolare attrazione e familiarità con quello stile.
Fu poi il suo amico e collega di HORM, Renato Zamberlan, a dirle: “Ma è ovvio Sara che tu sia tanto affascinata da quest’oggetto, è stato creato da un Giapponese come te! Non puoi non sapere di chi si tratta, è uno degli architetti più conosciuti del Giappone!”. Sara Waka, perplessa e un po’ sulla difensiva (per difendere il suo onore di Giapponese e, per di più, di laureanda in Arte) ribatté: “Non è che essendo Giapponese devo conoscere tutto e tutti del mio paese!” – ma nel frattempo cercava furtivamente su Google e si rese conto che stavano parlando di Toyo Ito, l’architetto dei celeberrimi TOD’s Omotesando Building e dei Mikimoto Buildings che Sara aveva visto centinaia di volte a Tokyo. A quel punto Sara Waka affermò entusiasta : “ Ma ovvio che lo conosco, cosa credi, è Toyo Ito!”.
E fu così che Sara Waka, un po’ grazie a Internet e un po’ per caso, venne a conoscenza del celebre architetto. Di certo non poteva immaginare che, sei anni dopo, il geniale inventore di quella splendida libreria l’avrebbe invitata a cena con il team Wakapedia, e che lei stessa gli avrebbe fatto da guida alla Fondazione Prada. Imprevedibile davvero il Destino!
L’intervista comincia attorno a un tavolo, gremito di piatti tipici siciliani, attorno a cui siedono Toyo Ito e il suo interprete, Giuseppe Gervasio, Sara Waka e Giulia Bison di Wakapedia. Quella sera Toyo si comportò come il più gentile e accogliente degli ospiti..
SaraWaka: Arrgh! Sono una pessima padrona di casa, scusami. Grazie per avermi versato da bere Toyo-san! A te piace il vino?
Toyo Ito: Assolutamente, adoro il vino! Pensa che al momento sto seguendo l’impiantazione di alcuni vigneti sull’isola di Omishima dove si trova il Museo di Architettura TIMA. E’ uno dei tanti progetti promossi dalla prefettura di Ehime per aumentare l’attrattività turistica dell’isola. Come sai anche tu, da buona italo-giapponese, il vino è un ottimo modo per attrarre più visitatori!
SaraWaka: hai appena menzionato il tuo museo; ti riferisci forse ai due magnifici edifici che sono contenitore e opera d’arte allo stesso tempo, lo Steel Hut con la galleria d’esposizione e il Silver Hut che è una ricostituzione della tua casa d’infanzia? (Sara e Giulia sono preparatissime sul tema – prima della cena hanno zelantemente ripassato la biografia di Toyo, ndr). Un museo d’architettura circondato da vigneti, sembra di essere in una favola! (risate) Parlando seriamente, quando hai iniziato a interessarti all’architettura?
Toyo: Più tardi di quanto potresti pensare. Al liceo ero un grande appassionato di baseball e il mio sogno era di entrare nel team universitario, per poter poi giocare allo stadio Meiji Jingu. Mi dicevo che se fossi entrato alla Tokyo University (l’università più prestigiosa del Giappone, ndr.) avrei avuto più possibilità di raggiungere il mio scopo.
Così mi sono iscritto alla facoltà di Arte, ma non è stato un successo. Allora ho abbandonato il baseball, preso un anno sabbatico e poi ho deciso di iscrivermi ad una facoltà scientifica. I requisiti per entrare nelle varie facoltà della Tokyo University variano a seconda della facoltà stessa; con i miei voti – non eccellenti – la maggior parte degli indirizzi mi erano preclusi. Architettura rimaneva una delle poche scelte papabili, e così è iniziato tutto. Insomma, se fossi stato un po’ più brillante nei miei studi, non sarei capitato a fare architettura, ma col senno di poi, non mi è andata così male! (risate)
SaraWaka: Wow! Quindi, hai iniziato per caso architettura e ora… guarda a che punto sei dove sei arrivato, incredibile! Molti giovani con le idee poco chiare sul futuro possono trarre ispirazione e conforto dalla tua storia! Ti è sempre piaciuto disegnare?
Toyo: Hmm.. fino dalla più tenera età il disegno è stata un delle mie più grandi passione, ma non ho mai saputo disegnare come un vero artista. Quando avevo circa 25 anni, le cose sono cambiate: dopo la laurea sono stato assunto nello studio di Kiyonori Kikutake, grandissimo architetto tra i fondatori del Movimento Metabolista in Giappone. E’ stato lì che ho davvero iniziato ad interessarmi all’architettura e alla progettazione.
A trent’anni mi sono messo in proprio e ho fondato il mio studio. All’epoca non avevamo molti soldi per uscire a bere, allora compravamo qualche bottiglia di sake a buon mercato e la portavamo in ufficio. Bevevo fino all’alba con i miei amici collaboratori, passavamo la notte a confrontarci, a parlare di architettura e nuovi progetti…
SaraWaka: Il tempo passato con le persone giuste e i buoni amici è davvero importante!
Toyo: Sono d’accordissimo! Al giorno d’oggi siamo sempre impegnatissimi, fin da giovani, e spesso ci dimentichiamo di trovare il tempo per questi momenti. Ora, quando mi guardo indietro, mi rendo conto di quanto sia stato importante e stimolante quel periodo della mia vita.
SaraWaka: Ti prometto che anche noi di Wakapedia troveremo sempre il tempo di ubriacarci con bottiglie di vino da 3,50€, mentre si discute dei massimi sistemi dell’universo! Cosa che, tra l’altro, abbiamo fatto più e più volte in passato… ecco, ad oggi la situazione non è granché cambiata… (risate). Toyo-san, da cosa prendi ispirazione per i tuoi progetti?
Toyo: Sono cresciuto in campagna quindi adoro la natura. L’acqua, le foreste, il vento… ispirano costantemente le mie creazioni. Nel mio lavoro cerco di integrare la leggerezza strutturale degli elementi naturali con l’uso di tecnologie innovative. Il mio obiettivo è che i miei edifici siano perfettamente contestualizzati e integrati con l’ambiente circostante.
Giulia Bison: Devo confessarti, Toyo-san, che i tuoi progetti e il loro rapporto organico con la natura sono da sempre grande motivo di ispirazione per i miei progetti di design. Ma tu, che differenza trovi tra il design italiano e quello giapponese?
Toyo: Trovo che il design italiano sia grandioso, e che il Salone di Milano sia un momento importante per scoprire nuovi designer talentuosi! Purtroppo, noto che le nuove generazioni sono spesso inclini all’aspetto commerciale piuttosto che alla vera sperimentazione. I
Tra i miei designer favoriti ci sono Ettore Sottsass, Alessandro Mendini e Andrea Branzi. In Giappone ammiro Shiro Kuramata; penso che con lui il design giapponese abbia raggiunto la perfezione, un sapiente equilibrio di pratiche tradizionali nipponiche e tendenze contemporanee internazionali. E’ stato un vero rivoluzionario in questo senso.
Giulia Bison: Interessante! Nel mio lavoro da art director mi diverto a dare forma ai sogni che ho fatto. Pensi si possa fare la stessa cosa anche nei campi dell’architettura dell’interior design?
Toyo: Guarda, questo è esattamente ciò che ha fatto Kuromata-san, di cui ti ho appena parlato! I suoi progetti di interior design sono onirismo allo stato puro. La sua creazione più celebre è “Miss Blanche”, una sedia in acrilico da cui sbocciano rose, nient’altro che la realizzazione nel concreto di un sogno che ha fatto.
SaraWaka: Insomma, è importante non smettere mai di sognare!
Ci dicevi che non apprezzi molto il trend attuale dei designer che, una volta famosi, scrivono best-sellers e vanno in TV… ma con i tuoi molteplici progetti in giro per il mondo, non sei anche tu un po’ un “Archistar” ? (neologismo derivato dalla fusione delle parole inglese ‘architect’ e ‘star’ che indica architetto estremamente famoso, i cui progetti sono elementi emblematici del paesaggio urbano e internazionalmente noti)
Toyo: Archistar, IO?? Nooo! Mi definirei piuttosto un tipo semplice che ama la vita tranquilla.
Giuseppe Gervasio: Sono l’interprete del Signor Ito da molti anni ormai e posso confermare, è una persona molto posata, umile e paziente. Per esempio, alla Biennale di Venezia del 2012, ha risposto a una trentina d’interviste da 10 minuti ciascuna. Ogni giorno, dalle dieci di mattina alle sei di sera, senza nemmeno una pausa. E il bello è che non si è mai ripetuto, trova sempre nuove cose da dire!
SaraWaka: Ah, bene Toyo-san, allora la prossima volta proverò a farti le stesse domande per ottenere risposte diverse!
Toyo: Va bene, ci sto! Tanto ho già dimenticato quello che ci siamo detti oggi. Non è che evito di ripetermi: è che proprio non ci riesco!
(risate)
L’intervista si conclude attorno allo stesso tavolo, meno gremito di pietanze siciliane e con le bottiglie di vino vuote. Il team Wakapedia parte con lo stomaco pieno, ma soprattutto con un senso di pace e pienezza. Lo spirito leggero, e allo stesso tempo arricchito, da questa conversazione conviviale e illuminante. Toyo Ito, un archistar che potrebbe avere il mondo ai suoi piedi, è davvero rimasto una persona semplice e genuina. Un gentleman che ama servire i suoi ospiti e ristorarne il palato e la mente!
Description & Interview: Sara Waka
Edited by: Federica Forte