Nata in Virginia, Betony Vernon cresce in un ambiente stimolante fatto di arte, musica e all’insegna dell’apertura mentale. Dopo una laurea in Storia dell’arte e oreficeria, si trasferisce in Italia e a Milano consegue una specializzazione in design alla prestigiosa Domus Academy. Competenza, talento e creatività sono gli elementi chiave che la conducono a importanti collaborazioni con alcune delle più celebri case di moda e design ( Missoni, Gianfranco Ferré, Swarovski, Pampaloni, Alexander Wang e Fornasetti) e che rendono le sue creazioni di enorme successo tra personaggi di spicco come Karl Lagerfeld (che scegli i suoi pezzi per il Calendario Pirelli 2011), Lady Gaga, Angelina Jolie, Christina Aguilera.

Il suo è un design di emancipazione, che trascende la forma e la funzione e ambisce a dare gioia, liberando mente e corpo dalle costrizioni e dai condizionamenti sociali. E infatti, Betony lancia nel 2001 la sua collezione di gioielli “Paradise Found Fine Erotic Jewelry” per affrancare il concetto di taboo da quello di piacere; da quel momento si afferma a livello internazionale in quanto pioniera nella divulgazione della sensualità/sessualità. Nel 2012 crea la sedia “Origin”, un esmpio intrigante di design erotico che viene esposto alla Triennale di Milano, nell’ambito della mostra “KAMA – Sex & Design”. A febbraio 2013 pubblica il suo primo libro: “The Boudoir Bible – The Uninhibited Sex Guide for Today” edito da Rizzoli International.

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Alcuni gioielli ideati da Betony Vernon

PUNTO DI VISTA WAKAPEDIA

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Poison Ivy

Betony Vernon é una donna affascinante e misteriosa che trasuda sensualità da tutti i pori. Alta e con splendidi capelli rossi, il giorno del nostro incontro indossava un abito verde che metteva in risalto le sue forme e si intonava alla tonalità dei suoi occhi profondi. Mi ha ricordato fin da subito Poison Ivy di Batman, ma il suo sguardo è più dolce e comunicativo. Betony ha gesti eleganti, una voce profonda e un’innata attitudine da regina. Prima intervistata della categoria Taboo, prima donna su wakapedia…ancora una volta Betony conferma la sua vocazione da pioniera!

Incontro Betony Vernon a casa dell’artista italiano Piero Fornasetti e decidiamo subito di approfittare del suo splendido giardino per goderci il sole di Marzo che a Milano quest’anno è più radioso del solito. Una location perfetta, resa ancora più intrigante dalla presenza di  un giovane giardiniere che con finta indifferenza  ci gironzola attorno arrapato potando siepi, gettando rifiuti e facendo un sacco di rumore. Sembra il principio di un film porno, ma non è così, è semplicemente l’inizio della categoria Taboo di wakapedia!

Dietro le quinte, prima dell’inizio dell’intervista:

Sara Waka: Mi sono già informata un po’ su quello che hai fatto , ma magari ora ti faccio qualche domanda per sapere più di te e del tuo percorso.

Betony: Certo cara, sono un libro aperto. Sono tua.

Sara Waka: Ecco, se dici così mi batte il cuore.

Betony: Allora mi avvicino di più!

[E in tutto ciò, l’eccitazione del giardiniere in erba ha già raggiunto le stelle, dopo neanche due minuti! Questo video illustra bene il genere di situazione in cui eravamo]

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Betonica

Sara Waka: Ciao, come ti chiami? Posso darti del te vero? (libera interpretazione sul significato di questa domanda: Sara intende offrire una bevanda calda o un dialogo in seconda persona? Mah! ndr)

Betony: Mi chiamo Betony Vernon. Betony è il nome di un fiore, di una pianta officinale. Mia madre l’ha scelto perché ama molto i fiori, ma forse non sapeva che nell’antica Roma la Betonica era una pianta molto nota e venerata per il suo potere curativo. L’imperatore Augusto aveva addirittura scritto un libro sui poteri della Betony (sembra il titolo di una nuova saga di supereroi! ndr) ed esisteva persino un detto: “Vendi il tuo cappotto e compra la Betony”. Insomma, era una pianta guariscitutto!

Sara Waka: Un nome che ha segnato il tuo destino e ha influenzato la tua carriera, così meravigliosa ma anche misteriosa e un po’ ermetica, a tratti.

Betony: Delle volte sì, anche perché io sono leone/scorpione di segno zodiacale e nell’oroscopo cinese sono una scimmia. Ho quindi un lato iper-socievole: amo dare, ricevere, lo scambio in tutte le sue forme, ma non solo.

Sara Waka: E invece il tuo gruppo sanguigno?

[In Giappone è molto comune fare questa domanda per capire la personalità di qualcuno, proprio come per gli Occidentali il segno zodiacale, ndr]

Betony: Sono zero negativo.

Sara Waka: Ah, molto interessante..In Giappone lo chiediamo perché si crede che a ciascuno dei quattro gruppi sanguigni corrispondano delle caratteristiche precise. Ti farò leggere le tue.

Betony: Ah, sono molto curiosa! Lo zero negativo è un gruppo particolare perché può donare a tutti, ma ricevere solo da zero negativo. E’ un gruppo generoso!

Sara Waka: Lo so, sono anche io zero negativo.

Betony: Ah, fantastico! Allora potresti salvarmi la vita!

Sara Waka: Oddio, io scappo!! (Risate) ma com’è iniziata la tua carriera?

Betony: Fin da piccola, sono cresciuta in un ambiente molto artistico: mio padre era un inventore e pilota, bravissimo a lavorare il legno; fin dall’infanzia ho imparato a sviluppare la mia manualità nel suo studio.

[Il giardiniere é sempre lí ad ascoltare la conversazione. Per far notare la sua presenza, inizia a gettare vetri di ogni tipo nel cassonetto, regalando a Sara e Betony un sottofondo leggermente disturbante, ma comunque molto macho!]

Betony: Mia madre invece era direttrice del dipartimento educativo del Museo Chrysler di Norfolk in Virgina, città in cui si è trasferita dopo aver perso la custodia di tutte e quattro noi figlie. La mia famiglia ha una storia bizzarra, con un divorzio sofferto e una causa giudiziaria assurda in cui mia madre è stata punita per il suo impegno da attivista nella difesa dei diritti civili degli afro-americani : una donna bianca che negli anni ‘60 difende i neri, era considerata inadatta a fare la madre…e così siamo cresciute con mio padre.

Sara Waka: Caspita una vera Wonder Woman!

Betony: Sì, una donna affascinante e molto umile che mi ha trasmesso la sensibilità artistica che tutt’ora cerco di far comprendere ai miei artigiani, quando realizzano i miei prototipi. Io ho un’ossessione per la finitura, per me l’interno di un oggetto deve essere perfetto esattamente come l’esterno e non sempre lo capiscono. Io amo le superfici molto lisce..

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Henraux – Triennale Design Museum – Milano

Sara Waka: Infatti, ho notato che nelle tue creazioni, come le sedie (es. the “Origin Chair“, ndr), tutto è così liscio che viene voglia di toccarlo.

Betony: Sì (ammiccante), sono contenta che tu lo dica! Ecco, molti artigiani questo non lo capiscono e a volte mi consegnano pezzi non finiti. Allora io dico loro: “Fate l’amore con gli oggetti, provate piacere nel maneggiarli… Inizialmente mi guardano allibiti, ma poi capiscono cosa intendo e lì tutto cambia.

Sara Waka: Capisco cosa intendi, si può davvero fare l’amore con un oggetto! Soprattutto noi donne!

Betony: Non è detto, io per esempio nel mio libro The Boudoir Bible (The unhibited sex guide for today, edito da Rizzoli) racconto della possibilità anche per gli uomini di sfiorare l’orgasmo, di provare piacere anche senza emettere seme. E quando ci riescono, possono avere orgasmi multipli, come noi. Però ci vuole tempo, esperienza, pratica..e savoir faire!

Sara Waka: E invece l’affetto, per te cos’è?

Betony: E’ una parte importante della vita, una questione di feeling e di chimica, anche con le amiche. Per esempio io e te, se non fosse scattato questo clic, questa complicità non parleremmo come stiamo facendo. Invece mi pare che possiamo dirci, non abbiamo limiti!

Sara Waka: Completamente aperte, senza segreti.  (risate) E anche nel tuo lavoro è l’intimità che vuoi creare, o sbaglio?

Betony: Anche… Il mio lavoro è cominciato nel 1992 con la collezione Sado-Chic, che poi è diventato Paradise found, una collezione di 300 oggetti. Nel ’92 l’ho fatto per una questione simbolica, ma volevo anche a colmare una fetta di mercato lacunosa: nel campo dell’oggettistica erotica non c’era alcuna ricerca estetica o di materiale.

[ I rumori del giardiniere si fanno più insistenti; forse, per essere in tema coi discorsi delle due amiche, inizia a martellare pesantemente. “Devi martellare ancora per molto o puoi fermarti un attimo? chiedono, “Mi spiace, ma devo continuare” risponde il simpatico rasa-aiuole. E poi si avvicina ancora di piu’, per ascoltare meglio il girltalk]

Betony: Quindi, tornando a noi. Dal ’92 ho anche iniziato a disegnare oggetti per il mio piacere. In argento massiccio, perché avevo l’impressione che la plastica potesse farmi male. Ma allora era ancora troppo presto. Nel ’96, lavoravo con Barneys in America e un giorno è venuto un buyer e io ho provato ad proporgli qualcuno dei miei oggetti. Tutti abbastanza discreti, come il bracciale in metallo collegato all’anello.

Sara Waka: Ecco, quell’oggetto mi ha incuriosito, spiegamelo meglio.

Betony: E’ un oggetto pensato per essere condiviso, può legare due persone e non solo a livello simbolico, ma anche concreto, perché il metallo è un conduttore. E’ un gioiello in cui forma e  funzione vanno di pari passo, come molte delle mie creazioni.

Sara Waka: E stimola un piacere particolare, anche mentale..

Betony: Esatto, ovviamente, però, bisogna sempre tenere conto dei tempi e dei limiti del proprio corpo: saperne ascoltare le voglie, i bisogni, i momenti giusti..solo così si può provare vera gioia. E’ un mix di psicologia e fisiologia, terminazioni nervose ed endorfine.

Sara Waka: Esatto, un equilibrio perfetto! Senti, questi tuoi gioielli hanno grande successo. Ho visto che li hanno indossati Lady Gaga, Christina Aguilera.

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Jean Paul Gaultier’s show/ Christina Aguilera’s album cover/ Lady Gaga’s Paparazzi

Betony: Sì, Lady Gaga ha messo un mio gioiello nel video Paparazzi: era un collare in argento tempestato di cristalli Swarowsky. Lei ne ha capito e interpretato benissimo il senso; di fatto era nato per essere indossato con una postura perfetta, statica; come un collare post incidente, ed è proprio così che lei l’ha usato. Christina Aguilera invece aveva un mio anello e anche lei ne ha colto il significato: in un’intervista a GQ l’aveva definito “blowjob ring” e in effetti io lo definisco un “petting ring”. Per me è un oggetto importante della mia collezione, perché sono convinta che non si può sconnettere il sesso dallo spirito. Ecco, quell’anello, che Christina aveva scelto per la copertina del suo disco, rimanda a un gesto legato allo yoga, la meditazione e alla respirazione che si chiama Chin-mudra. Perchè il benessere sessuale coinvolge il corpo, la mente, e lo spirito. Nel ’96 quando ho presentato questo anello al buyer e ho ricevuto un no secco, ho avuto la consapevolezza che non era il momento giusto. Allora ho tenuto quella collezione nel cassetto in stand-by, ho continuato a disegnare per clienti privati e per me stessa. Poi nel 2001, dopo l’11 settembre, mi sono detta “basta aspettare”. In un mondo basato su un sistema malato, in cui non manca niente a parte l’amore, ecco, io ho deciso di lavorare sull’amore e sul piacere delle persone. Volevo dare il mio contributo alla conoscenza del proprio corpo, parlando il linguaggio dell’amore con intelligenza. Nella nostra società il sesso non è più taboo, ma il piacere in tutte le sue sfumature sì. Oggi, se ci fosse il savoir faire di dosare piacere e seduzione, saremmo una società più soddisfatta e realizzata: non ci sarebbe la frustrazione sessuale che, come dice Freud – e su questo punto concordo in pieno con lui-, è l’origine di molte altre nevrosi e malattie.

Sara Waka: Wow… E’ stato splendido parlare con te, come leggere un libro intrigante, una vera Bibbia che ti apre un mondo. Bene, ora come da rito ti faccio la mia ultima domanda: mi dai un bacio?

Betony: Sìììì (ammiccante).

[ Betony stampa un bacio molto lungo sulla fronte di Sara Waka]

Sara Waka: Perche’ hai scelto la fronte?

Betony: Te lo volevo dare sul terzo occhio, tesoro.

Sara Waka: Che strano…sembra che tu mi abbia trasmesso un’energia a tutto il corpo…Mi sento potente come Sailor Moon!!

(risate)

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Sara Waka/ Betony Vernon/ Giulia Bison

Description & Interview: Sara Waka

Edited by: Federica Forte